Elezioni in Israele: una lettura diversa

Molto è stato scritto e molto è stato detto, sulle recenti elezioni israeliane. Dal testa a testa tra Netanyahu ed Herzog, con il rischio di una paralisi per la Knesset, alla vittoria al fotofinish del Likud, alla reazione (senza dubbio fuori luogo) di Barack Obama che non telefona a “Bibi” per congratularsi con lui, alle paure per una convergenza tra il premier e la destra di Naftali Bennet, Avigdor Lieberman e Moshe kahlon.

Tuttavia, poco, troppo poco, è stato detto, e troppo poco è stato scritto, sulla presenza e sul successo della Lista Araba Unita di Ayman Odeh, il partito degli arabi d’Israele che si pone come terza forza con ben quattordici seggi.

Proviamo infatti per un istante a giocare con la fantasia ed immaginiamo una lista di ebrei in Palestina, oggi governata da un soggetto (Hamas) che ha come obiettivo statutario la cancellazione di Israele, od in qualsiasi altro Paese della Lega Araba, organizzazione che vede soltanto due membri (Egitto e Giordania) riconoscere Tel Aviv; possiamo immaginarlo, ma dopo pochi secondi la ratio ci direbbe che, no, non è proprio possibile. In Israele, invece, un arabo-musulmano, Ayman Odeh, può candidarsi alla guida del Paese, ed un altro arabo-musulmano, Raleb Majadleh, può rivestire la carica di ministro per le Scienze e le tecnologie (2007, Governo Olmert).

Al di là di ogni speculazione mediatica, Israele dimostra dunque con i fatti di essere la sola democrazia completa ed inclusiva dell’aera, l’unica comunità in cui ognuno può sentirsi a casa, nel rispetto ed entro il rispetto dell’Altro.

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