Il “muro” ungherese. Perché non è colpa di Orbán.

filo-spinato-RIDLa diffidenza verso il premier ungherese in ragione della sua appartenenza ideologica e l’impatto emotivo scaturito dalle immagini del muro al confine con la Serbia e del suo filo spinato rappresentano un cocktail che altera la visione dell’emergenza-profughi, suggerendo reazioni ventrali, concentrate ai poli.

E’ tuttavia utile e necessario ricordare come la limitata capacità ricettiva dell’Ungheria (un Paese di soli 93.030 km², con un’economia ancora in fase di ristrutturazione dopo il cinquantennio comunista) e la latitanza di Bruxelles non lascino a Budapest altre soluzioni al di là di una politica di contenimento.

Alle istituzioni comunitarie il dovere e l’obbligo di alleggerire il peso sostenuto dagli stati oggi diventati le porte di accesso della disperazione (sono 3000 gli arrivi di migranti nelle ultime 24 ore nonostante la barriera voluta da Orbán ), abbandonando l’ipocrisia inerte e sterile delle condanne a questa od a quella cancelleria.

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